I cibi fermentati e i probiotici rappresentano la nostra principale fonte di batteri buoni. Da sempre però ci si interroga su quale sia il destino di bifidobatteri e lattobacilli una volta che questi siano stati ingeriti. Ce li immaginiamo mentre discendono lungo il tubo digerente e non saremmo disposti a scommettere di ritrovarli vivi e vitali nell’intestino.
Derrien e van Hylckama Vlieg hanno da poco pubblicato una review in cui prendono in rassegna diversi lavori scientifici sull’argomento.
Dall’esame della bibliografia sembra che il microbiota intestinale non subisca grandi variazioni quando assumiamo alimenti contenenti batteri o probiotici. Mentre i batteri ingeriti finiscono con il costituire un “microbiota transiente” solo le specie più resistenti (Bifidobacterium animalis, il Lactobacillus casei, il Lactobacillus rhamnosus e il Lactobacillus plantarum) arrivano vive nell’intestino
Ma al di là del fatto che i probiotici possano o meno ripopolare un intestino in subbuglio il loro effetto è principalmente quello di inibire la proliferazione dei patogeni. Riescono a farlo perché competono per gli stessi substrati energetici e perché condividono gli stessi siti di adesione alle pareti intestinali.
Inoltre la fermentazione operata dai probiotici culmina con la produzione di acido lattico e di acidi carbossilici a catena corta; di conseguenza il pH luminale si abbassa al punto da contrastare la crescita dei batteri patogeni. È così che la flora patogena si riduce e con essa anche tutti i suoi metaboliti tossici (ammoniaca, amine biogene, nitrosamine e acidi biliari secondari).