Le farine raffinate più vendute sono quelle di grano tenero (Triticum repens var. tenerum) e di grano duro (Triticum durum), il primo usato nella produzione del pane e dei prodotti da forno in generale, il secondo nella produzione della pasta.
Un tempo la macinazione delle cariossidi (ovvero dei semi) era un’operazione grossolana dalla quale si ottenevano farine scure perché contenenti la crusca (l’involucro esterno del seme formato da pericarpo e perisperma) e l’embrione o germe (è la parte viva del seme; quando si verificano le condizioni per la germinazione dal germe nasce la nuova pianta).
Il germe è anche la parte più nutriente della cariosside perché ricca di proteine di riserva, di lipidi e vitamine (in particolare vitamine del gruppo B e vitamina E).
L’amido invece è contenuto tutto nella parte centrale (endosperma), la più voluminosa.
Oggi dopo la macinazione seguono processi di raffinazione volti ad allontanare la crusca e il germe che essendo ricco di grassi può andare incontro ad irrancidimento. Ne risulta inevitabilmente un impoverimento nutrizionale: a questo punto le farine raffinate altro non sono se non un concentrato di amido!!!
L’industria alimentare tende ad utilizzare farine molto raffinate perché queste hanno la capacità di lievitare più facilmente e hanno una maggiore resa. E così sugli scaffali dei supermercati troviamo grandi quantità di farina 00, mentre fatichiamo già solo a trovare la farina di tipo 0 che in virtù del minor grado di raffinazione appare più grigiastra rispetto alla prima. Non è escluso che le farine più bianche oltre ad essere sottoposte a processi seriati di raffinazione abbiano subito uno sbiancamento chimico a base ad esempio diossido di cloro.
È possibile distinguere 5 diversi tipi di farina in base al livello di raffinazione:
- Farina 00;
- Farina 0;
- Farina 1 e 2, cosiddette semi-integrali;
- Farina integrale
I nutrizionisti suggeriscono un consumo giornaliero in fibra pari a 35 g, mentre in Italia il consumo medio si attesta intorno ai 20 g. Ma perché si attribuisce tanta importanza alla fibra?
E bene, la fibra alimentare:
- Aumenta il senso di sazietà e facilità il transito intestinale;
- Ci porta a masticare più a lungo;
- Riduce l’assorbimento di grassi e colesterolo;
- Riduce l’assorbimento degli zuccheri (ragione per cui il consumo di cibi integrali viene consigliato ai soggetti affetti da diabete o con intolleranza glucidica);
- Riduce l’assorbimento di sostanze cancerogene e di interferenti endocrini;
- Riduce sensibilmente il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore.
Ma oltre a non fare bene, perché prive di qualsiasi nutriente, le farine raffinate rappresentano una vera minaccia per la nostra salute. Trattandosi di un alimento dotato di un elevato indice glicemico, tende a stimolare eccessivamente le beta-cellule pancreatiche responsabili della produzione di insulina. L’insulina in eccesso promuove l’accumulo di grasso contrastando allo stesso tempo la lipolisi (ossia l’utilizzo del grasso di deposito come fonte di energia).
Le farine raffinate inoltre hanno importanti effetti a livello della flora intestinale. Oggi ci riferiamo ai batteri che popolano il tratto gastroenterico con il termine di “microbiota umano”. Si tratta di un insieme di popolazioni batteriche, le stesse di cui erano portatori i nostri avi. Ciò nonostante il microbiota può modificarsi a seconda del modo di alimentarsi. L’eccessivo uso di cibi raffinati è stato messo in relazione con un incremento di lipopolisaccaride (LPS), il principale componente della membrana esterna dei batteri. I tessuti bersaglio dell’LPS sono il tessuto adiposo, il fegato e l’endotelio. Una volta in circolo il lipide A (componente dell’LPS) si lega ai recottori Toll-like presenti sulle cellule immunitarie e attiva il rilascio di numerose sostanze pro-infiammatorie come TNF-alfa e IL-6. Addirittura tramite un complesso meccanismo molecolare l’LPS indurrebbe leptino-resistenza. La leptina, per inciso, è una sostanza sintetizzata a livello del tessuto adiposo e in grado di comunicare a livello centrale il fatto che le riserve di adipe sono al completo. In risposta verrebbe inibito il senso di fame, a meno che i recettori centrali non abbiano sviluppato una resistenza alla leptina!
Tutti questi fenomeni sarebbero legati all’elevato apporto in carboidrati altamente disponibili che caratterizza la nostra alimentazione. Il nostro microbiota si trova impreparato a processare questo tipo di substrato energetico e si difende innescando una risposta infiammatoria. L’LPS è un marker del livello di infiammazione a genesi intestinale.
Di certo se consumassimo prodotti derivati da farine integrali avremmo minori problemi di sovrappeso/obesità, dislipidemie, diabete e intolleranze alimentari. Ma come detto la farina integrale, pur caratterizzata da un maggiore valore nutrizionale per via dell’alto contenuto in vitamine, sali minerali, proteine e fibra, è più facilmente alterabile e meno appetibile per molti consumatori. A creare ulteriore confusione vi è poi l’abitudine, purtroppo assai diffusa, di chiamare integrali anche quei pani che nascono da farine altamente raffinate con l’aggiunta di una manciata di crusca! Per riconoscere questo finto pane integrale basta osservarne la mollica: se la colorazione non è uniforme ma presenta chiazze o puntini scuri su uno sfondo più chiaro si tratta con ogni probabilità di finto pane integrale. Il pane integrale vero, invece, ha un colore scuro e uniforme.
Se siete abituati a prepararvi pane e pasta da soli, un consiglio potrebbe essere quello di mettere nel carrello della spesa anche farine ottenute da cereali diversi dal grano e in particolare le farine di segale, grano saraceno, orzo. Si possono provare da sole o in combinazione con la farina di grano tenero.